martedì 11 febbraio 2014

Il mio Balkan Express - Parte 3

il Bazar (dove la Bascarsija si congiunge con il quartiere austro-ungarico


Il giorno dopo mi sveglio convinta che ci sia il sole...invece....apro le finestre ed è tutto grigio e umido, sta diluviando. Ma non è un temporale estivo, sembra la tipica pioggia autunnale. Dopo un'abbondante colazione in hotel, decidiamo di prendere il famoso tram di Sarajevo e andare verso la zona dei musei. 
un modo curiosa di prendere il tram

Nel tragitto in tram passiamo in parte al Markale, il mercato dove ci fu la strage della gente in fila per il pane, dopo la quale la Nato diede l'ultimatum ai serbi affinché ritirassero le armi pesanti oltre un certo punto per evitare un conflitto aereo. Quando si avvicinava la scadenza, le forze serbe accondiscesero. Passiamo anche davanti alla fiamma eterna.
il famoso Holiday Inn

 Scendiamo vicino all'Holiday Inn e attraversiamo per andare al Museo Nazionale (Zemaljski muzej) di cui non riesco ad apprezzare molto per via delle spiegazioni quasi esclusivamente in serbo-croato e per l'allestimento decisamente insufficiente, ad esempio l'illuminazione nella sala dove sono esposti i minerali è scarsissima e orientata nel modo sbagliato, ma nonostante ciò il museo vale la visita anche solo per vedere l'HAGGADAH. L'HAGGADAH di Sarajevo ha una storia affascinantissima. L'Haggadah è lo straordinario manoscritto della tradizione sefardita. Fu scritto nella Spagna del XIV° secolo e sopravvisse alle ingiurie del Novecento. È un libro ebraico di cerimonie, una collezione di storie bibliche, di preghiere e di salmi che riguardano la Pesach, la festa che celebra la liberazione degli ebrei dall’Egitto.
l'Haggadah di Sarajevo

Al mondo esistono tantissime haggade, più o meno preziose e conosciute. L’Haggadah di Sarajevo si distingue per la bellezza delle sue immagini, per i colori arricchiti con oro e rame, per il fantastico mondo degli animali presentati, per gli ornamenti floreali e geometrici. L'Haggadah di Sarajevo, inoltre, ha la particolarità di presentare immagini di persone, nonostante la religione ebraica lo vieti.Il manoscritto si distingue anche per alcuni concetti insoliti: la terra è presentata come rotonda. Ciò accadeva duecento anni prima che Giordano Bruno venisse mandato al rogo perché sosteneva una simile, eretica teoria. La straordinaria bellezza del manoscritto è resa ancora più intrigante dalla sua storia, talmente insolita e avventurosa da sembrare prodotto dell'immaginazione. Quando gli Ebrei sefarditi furono costretti a fuggire dalla Spagna riuscirono a trovare asilo a Sarajevo dove furono accolti e si mescolarono a cattolici, ortodossi e mussulmani. Molti dei loro testi sacri furono bruciati in Spagna, ma l'Haggadah sopravvisse e fece la sua comparsa a Venezia nel 1600. Fu revisionata dal prete cattolico Domenico Vistorini, che si accertò che non contenesse nulla contro la Chiesa, annotando sull'ultima pagina del libro: "Revisto per mi". Nel 1894 l'Haggadah ricomparve a Sarajevo e fu esposta al Museo Nazionale di Sarajevo e se ne stette tranquilla fino alla Seconda Guerra Mondiale quando un gendarme tedesco la reclamò, conoscendone il suo inestimabile valore, ma il custode del museo, rischiando la vita, mentì dicendo che era già stata presa da un altro gendarme e quindi, una volta scampato il pericolo, prese l'Haggadah e la nascose in giardino, sotto terra in modo che superasse indenne anche quella guerra.La vita avventurosa dell'Haggadah però non era ancora conclusa...durante la guerra degli anni '90 il museo che la ospitava si trovava proprio sulla linea del fronte e quindi c'era il rischio che bruciasse durante un bombardamento. Questa volta a mettere il manoscritto al sicuro ci pensò il prof. Emir Imamović, direttore del Museo Nazionale. Insieme con un gruppo di poliziotti prelevò il manoscritto dal Museo e lo mise al sicuro.Dopo la guerra degli anni '90, l'Haggadah fu riesposta al Museo Nazionale in una stanza protetta in un box di massima sicurezza. E infatti la potremo ammirare a una distanza di qualche metro...però secondo me vale la pena renderle omaggio! 
Una riproduzione dei barattoli di carne in scatola che i cittadini di Sarajevo ricevevano nei pacchetti degli aiuti umanitari

Usciti dal museo nazionale andiamo a visitare il Museo di Storia, vale la pena visitarlo per la mostra fotografica al primo piano che documenta la guerra in Bosnia Erzegovina. É veramente toccante e non si trattengono le lacrime davanti a certe immagini, come quella di una scuola bombardata durante le lezioni o le crude immagini della strage del Markale. Non ci sono parole davanti a quell'orrore, solo lacrime e tanta compassione per quelle povere persone, ma anche tanta ammirazione per la città di Sarajevo che ha cercato per tanti anni di resistere all'assedio, assedio durato ben 6 anni. Interessante anche la ricostruzione di come cambiava la disposizione della casa durante la guerra: gli armadi venivano messi davanti alle finestre per proteggersi dai cecchini, tutto si spostava in sala...si dormiva, si mangiava e si viveva in un unico ambiente
Usciamo dal museo con le lacrime agli occhi, ma le lacrime si confondono con la pioggia che non vuole cessare.
Un po' mesti, torniamo alla Bascarsija e andiamo a mangiare i famosi cevapcici di Zeljo,che ci tirano su il morale, serviti con tante cipolle e un pane che sembra la pita greca, oltre che dei peperoncini rossi e verdi da sgranocchiare (per gli audaci)
slurp!!



Gironzoliamo per la Bascarsija, per le sue vie acciottolate con gli edifici in stile ottomano, entriamo a curiosare nel Bazar e poi ...eccoci in tutt'altra atmosfera nel quartiere austroungarico. Visitiamo la Sinagoga e la Cattedrale cattolica vicino alla quale si trovano alcune tra le più grosse Rose di Sarajevo, ovvero i buchi lasciati dalle granate poi riempite di vernice rossa in modo da ricordare il sangue delle vittime, senza cartelli né targhe, ma l'effetto che vi faranno sarà come quello di un pugno in pancia. 
via del quartiere austro-ungarico, un mix di architettura liberty e moderna


bottegucce di spezie
Arriviamo fino in fondo al quartiere austroungarico, dove si trovano anche numerosi bar e negozi moderni e visitiamo la Moschea di Alipašina dove è quasi il momento della preghiera e infatti ecco alzarsi il canto del muezzin.
Trg Oslobodenja...una partitina a scacchi?
Tornando verso la Bascarsija ci fermiamo in Trg Oslobodenja, ovvero piazza della liberazione dove la cattedrale ortodossa fa da sfondo ai vecchi che giocano a scacchi su una scacchiera gigante disegnata per terra. Rieccoci nel cuore della Bascarsija. Mentre ci dirigiamo verso il Sebilj, il simbolo della città, ci fermiamo nel cortile della moschea Gazi-Husrevbey, una delle più belle moschee di Sarajevo, costruita dai muratori di Dubrovnik nel XVI° secolo. 
Kiss under the Sebilj


Arriviamo alla piazza del Sebilj, vicinissima alla Biblioteca Nazionale. Il Sebilj è un po' il cuore della Bascarsija, il punto dove ci si dà appuntamento e dove si incontrano gli innamorati. É una fontana in stile moresco e fu fatta costruire prendendo a modello una fontana in pietra di Costantinopoli (Istanbul). Fu costruita nel 1891 e oltre che luogo di ritrovo per turisti, amici e innamorati, è anche il punto di ritrovo dei piccioni della città...è anche detta “Piazza dei Piccioni” ! É l'ora dell'aperitivo, attraversiamo quindi uno dei ponti sulla Miljacka e ci dirigiamo verso la Chiesa di Sant'Antonio che si trova vicino, guarda caso, al Birrificio di Sarjaevo, la Sarajevska Pivara, dove si producono la Sarajevsko pivo sia chiara che scura. E' un bell'edificio rosso e crema, con le grondaie in rame. Durante la guerra quando non c'era acqua corrente, la gente trascinava fino a qui tutte le taniche che riusciva a portare per poterle riempire di acqua potabile visto che il birrificio ha dei pozzi di acqua potabile a cui attinge per produrre la birra. Calcolate che per i Sarajeviti non era impresa da poco: dovevano far tutto a piedi, nascondendosi, scegliendo il percorso a volte più lungo per salvarsi dai cecchini, attraversando i ponti a zig zag più veloce che potevano sperando di non essere presi... Arrivati al birrificio dovevano mettersi in fila e una volta riempite le taniche dovevano rifare tutto il percorso all'incontrario, incontrando gli stessi pericoli ed in più trascinandosi dietro magari 8 kili di taniche piene di acqua. In un libro ho letto che con 4 litri di acqua si lavava e si dissetava per 3 giorni una famiglia di 4 persone. Ci si faceva “la doccia” con un quarto di litro d'acqua . E dopo 3 giorni bisognava ancora rischiare la vita per riempire di nuovo le taniche. Storie tristi a parte, entriamo nel birrificio dove c'è anche un bar con cucina e ordiniamo una birra scura per brindare alla nostra vacanza.
brindisi!!

...Peccato che l'euforia del momento verrà spenta pochi minuti dopo da una “bella” sorpresa che troveremo giunti nella via dell'hotel .
Qualcuno, credendo di trovare chissà cosa, ha sfasciato il vetro della macchina di Chegue e gli ha portato via lo stereo.
Per fortuna il ragazzo della reception si rivelerà un tesoro aiutandoci in tutti i modi, accompagnandoci alla polizia per fare denuncia e aiutandoci a trovare un parcheggio sotterraneo dove sistemare le macchine. Ci spiega una signora che torna sempre a Sarajevo per le ferie estive, che lei ora abita in Germania e quando torna a Sarajevo a casa sua (ha la casa di fronte al nostro hotel) siccome ha la macchina con targa tedesca e sa cosa succede in città, lascia la macchina pulita di ogni cosa e con il cruscotto aperto per far vedere che non c'è nulla dentro...in questo modo la lasciano in pace. Se no è meglio mettere la macchina in un parcheggio a pagamento custodito o nel parcheggio dell'hotel (il nostro non ne era provvisto).
Questo sarà l'unico inconveniente che incontreremo durante la nostra vacanza.
Per premiarci della giornata intensa, andiamo a cena nel cuore della Bascarsija, da “Dveri” dove abbiamo prenotato nel pomeriggio e dove hanno promesso di accoglierci con del pane fatto in casa. È una specialità albanese ed è una vera delizia!!! Il ristorante è minuscolo e sembra piuttosto un'abitazione privata. Poco dopo la moschea di Gazi-Husrevbey, sul marciapiede opposto c'è un negozietto che vende paccottiglia per turisti e fa angolo con un vicolo...il ristorante si trova in questo vicolo, è una porta che vi troverete sulla sinistra una volta imboccato il vicolo.Ha pochi tavoli e l'atmosfera è veramente calda e accogliente, potrete seguire la preparazione dei piatti personalmente in quanto la cucina è nel mezzo della stanza. Alle pareti sono appesa collane di peperoncini e di aglio.Oltre al pane, che è davvero sublime, mangiamo un'altra specialità, la polenta macedone, fatta con una specie di panna acida e formaggio e sfregata con l'aglio. Io prendo anche una specie di gulasch con prugne...una vera delizia!!!!Di sicuro è stata la cena più buona di tutta la vacanza...se tornassi a Sarajevo andrei dritta da Dveri!!!ve lo consiglio!
Dopo cena facciamo un giro per la Bascarsija, ma continua a piovere, allora ci rintaniamo in un locale a fumare narghilè.

DOVE MANGIARE:

ZELJO: in piena Bascarsija è il posto più famoso dove gustare i famosi cevapcici (serviti con cipolle e pita, come da tradiozione e non come vedrete fare in Croazia dove viene servita una versione più occidentalizzata.Essendo i proprietari mussulmani non vengono serviti alcoolici, ma solo bibite analcoliche.
L'ambiente è molto semplice e "grezzo", ma proprio per questo non turistico. Per intenderci non è un ristorante, ma una sorta di bar/tavola calda dove però assaggiare i migliori cevapcici della città a prezzi davvero irrisori (almeno per noi che abbiamo l'Euro) , ci sono tavoli in legno con panche e sedie, a volte ci si vedrà costretti a condividere il tavolo con altre persone, ma è anche questo il bello. La pulizia e il bagno non sono il massimo, per usare un eufemismo....ma per me vale la pena!!!

SARAJEVSKA PIVARA (Birrificio di Sarajevo): anche solo per i bellissimi interni e l'architettura e per vedere questo locale storico, vale la pena una visita! Oltre che la biirra ottima (la scura a mio modesto parere non aveva nulla da invidiare alle Dunkel tedesche) prodotta nello stesso stabilimento, si possono gustare semplici piatti tradizonali a poco prezzo. La consiglio o per uno spuntino/aperitivo pre cena o per il pranzo del mezzogiorno.


DVERI: questo piccolissimo ristorante, difficile da notare nel marasma della Bascarsija, è stato il miglior ristorante provato non solo a Sarajevo, ma durante tutto il viaggio. La cucina è a vista quindi vedrete con i vostri occhi quello che vi cucineranno, l'ambiente è molto accogliente e caldo, il fatto che fuori piovesse ci ha fatto sentire proprio un senso di calda accoglienza al nostro ingresso e immagino che questa sensazione venga amplificata in caso visitaste Sarajevo in inverno sotto la neve. Se prenotate ricordate di chiedere di farvi tovare il loro pane fatto in casa, è una ricetta albanese ed è ottimo, si scioglieva in bocca. I piatti sono pochi, molto curati e tutti legati alla tradizione con qualche sconfinamento alla vicina Macedonia. I prezzi sono leggermente più alti che in altri ristoranti provati in Bosnia, ma comunque economici per noi italiani e vale davvero la pena. Spero che in questi ultimi 5 anni non sia cambiato!
cena da Dveri




domenica 9 febbraio 2014

Il mio Balkan Express - Parte 2

Il 4 agosto si preannuncia con un tempo incerto...nuvoloni neri da cui a fatica il sole fa capolino. 
arcobaleno a Jelov Klanac

Salutiamo la nostra bella casetta di Jelov Klanac, i cavalli che sn venuti a trovarci anche stamattina nel prato di fronte a casa, carichiamo le macchine e siamo già in viaggio.... Dopo soli 27 km si è già in territorio bosniaco, la vegetazione è ovviamente la stessa, ma la differenza si vede...prima di tutto i campanili dei paesini croati lasciano spazio a piccole moschee, alcune donne per strada portano il velo, ma ciò non impedisce ad altre bellissime ragazze di girare con minigonne mozzafiato e magliette scollate...ci sono anche persone dai volti molto sciupati, volti cotti dal sole per il lavoro nei campi e con la faccia ricamata da rughe profonde...sembrano dei vecchi, ma credo che in realtà abbiano poco più di 50 anni. Le cittadine che attraversiamo sembrano più povere rispetto a quelli attraversati in Croazia e l'ordine dei paesini sloveni è un ricordo lontano...qui vige il tipico disordine balcanico...addirittura vediamo un grande numero di case mezze dipinte, mezze costruite con i lavori lasciati a metà, balconi senza assolutamente la ringhiera o qualcosa che ne faccia le veci...e nonostante questo donne sedute sul balcone a fumare o prendere il tè o bambini che ci giocano come se niente fosse, come se fosse normale e non ci fosse il pericolo di cadere giù! Attraversiamo vari paesini dopo esserci fermati da un benzinaio che parlava solo tedesco per cambiare i soldi: “Where can we change our money?” risposta “Ich spreche nur Deutsch...”...ripesco nei cassetti della mia memoria, da 9 anni il mio tedesco giace nel cassetto chiamato “lontani ricordi della scuola superiore”, ma riesco a spiccicare una frase di senso compiuto “Wo kann ich die Gelde wechseln?” e questo senza troppa cortesia ci cambia i nostri euro in marchi convertibili. 1 marco=50 centesimi di euro...il cambio è decisamente favorevole.
Tra un paesino e l'altro attraversiamo prati verdi, dolci colline e sullo sfondo montagne ricoperte di conifere scure...sembra non ci sia traccia umana per kilometri.

Verso mezzogiorno arriviamo a Jaice, nostra prima tappa in territorio bosniaco, città che nel novembre del '43 ospitò la Riunione del Consiglio Antifascista di Liberazione Nazionale Jugoslavo, ma turisticamente famosa per le belle cascate di quasi 21 metri di altezza che fanno un salto proprio nel mezzo del caratteristico centro storico.
Jaice

Jaice
 Qui i segni della guerra sono molto evidenti, ci sono case sfasciate, tante altre in ricostruzione, ma quando finiranno di sistemarla, quando il centro non sarà più invaso dalle impalcature, questa cittadina diventerà un vero gioiellino, non a caso è nella lista per diventare patrimonio culturale dell'Unesco. Decidiamo di salire alla Cittadella seguendo le scale che portano alla cima della collina, il sole, latitante per tutto il resto del tempo, decide di fare capolino proprio mentre stiamo salendo e ci fa sudare come non so che...a metà strada mi fermo incantata ad ascoltare il canto del muezzin che proviene da una piccola moschea con il minareto in legno, penso sia provvisorio in attesa di essere ristrutturato. Il canto del muezzin guardando il paese e la valle sotto di noi mi fa venire i brividi nonostante il caldo. In cima alla cittadella, che si estende in cima alla collina a forma di uova, si possono vedere i resti delle mura che la circondavano, le porte di accesso in pietra e un pozzo.
La Cittadella - Jaice
Scendendo dal lato opposto da dove siamo arrivati notiamo i resti di una chiesa medievale il cui campanile è identico a alla torre che si trova sullo Stradun (o Placa) di Dubrovnik. Vediamo anche i cartelli per visitare le catacombe che forse sono la cosa più interessante di Jaice, ma non avendo tempo lasciamo stare. Ad ogni modo sappiate che per visitarle dovete suonare alla casa di fronte all'ingresso delle catacombe, ovvero alla Sig.ra Alida, che vi farà anche da guida e vi chiederà un solo marco come ricompensa. Le catacombe risalgono al 1400 e furono luogo di culto per i seguaci della “Chiesa bosniaca”. Forse quasi nessuno conosce la storia della Chiesa bosniaca, ebbene, si tratta di una Chiesa sé, che aderiva al credo e ai riti cristiani, riconoscendo la sacralità della Croce, celebrando la messa e dedicandosi alla lettura dei salmi, ma il suo elemento caratterizzante fu la vita monastica, i monasteri però svolgevano anche la funzione di locande per accogliere ospiti e viaggiatori e intere famiglie vivevano insieme ai monaci tanto che a fatica si faceva distinzione tra vita monastica e laica.
Quando ci fu l'invasione dei turchi, quasi tutti si convertirono all'islam, probabilmente in cambio di favori (questo può far capire, anche se non comprendere, come mai i mussulmani bosgnacchi siano mal visti sia da serbi ortodossi che da croati di fede cattolica...dissotterrando cose vecchie di 5 secoli i bosgnacchi appaiono come i traditori. Quelli che in cambio di favori diventarono mussulmani invece di combattere gli invasori. E qui chiudo la parentesi visto che mi viene la pelle d'oca anche solo a tentare di trovare un motivo a quella guerra orribile degli anni '90 del secolo scorso).
Scesi di nuovo in paese, andiamo in centro a mangiare i cevapcici, ma essendo un bar la qualità non è ottima (pita e carne sono davvero troppo unti e dal quel momento diventeranno il peggior incubo di Sugar).
Camminiamo poi fino al belvedere da cui si vedono le due bellissime cascate, ma per chi non soffrisse di vertigini, c'è la possibilità di vederle proprio nel punto da cui “compiono il salto”
cascate di Jaice

Torniamo alla macchina e proseguiamo verso Sarajevo...NON VEDO L'ORA di arrivare!


Guidare è piacevole, non credete a chi vi dice che le strade sono terrificanti e pericolose e che ci sono controlli della polizia ad ogni angolo (non ne abbiamo visto nemmeno uno), l'importante è non oltrepassare il limite di velocità e non avrete problemi. La via è a due corsie, niente autostrada, ma è bello vedere il panorama, attraversare piccoli paesini e cittadine un po' più grandi, vedere la collina che diventa montagna, tutto quel verde e i piccoli fiumi color smeraldo...se la Bosnia fosse un colore non c'è dubbio che sarebbe VERDE (la Bosnia nè...non ho detto l'Erzegovina).
Una cosa curiosa: ad un certo punto, a metà strada tra Jaice e Sarajevo, vediamo un susseguirsi di venditori ambulanti di CD sul ciglio della strada. Hanno 'sti baracchini che vendono CD sbiaditissimi, chissà di quali cantanti. Però erano buffi! Mai visti in nessun'altra strada percorsa durante il ns viaggio (di solito vedevamo venditori di vino, miele, frutta e soprattutto mirtilli).

Arriviamo a Sarajevo che è pomeriggio inoltrato, ci ricordavamo che l'hotel (la Pansion Kandilj) è vicino al ponte Latino, il ponte vicino al punto dove l'anarchico Serbo Princip fece partire i colpi di pistola che uccisero a morte l'erede al trono dell'Impero Austroungarico, l'arciduca Francesco Ferdinando, e sua moglie Sofia incinta di pochi mesi.
Dopo soli pochi km dell'autostrada in costruzione, arriviamo a Sarajevo, rotolando direttamente nel viale soprannominato “Viale dei Cecchini”, ovvero la Zmaja, un grande viale cittadino a 4 corsie che collega la periferia con il centro della città risalendo la Miljacka (il fiume di Sarajevo). Riconosco il famoso Holiday Inn sulla mia sinistra, quel blocco giallo famoso per essere stato durante l'assedio l'unico hotel in funzione dove dormivano i giornalisti di tutto il mondo venuti a raccontare quella folle guerra. Il viale dei Cecchini è così soprannominato perchè era una delle zone più esposte della città, avendo le montagne da entrambi i lati ed essendo troppo largo per riuscire a nascondersi.

Dalle montagne i serbi sparavano, giocavano al tiro al bersaglio puntando i loro fucili di precisione a caso sulle loro vittime. Chi attraversava doveva farlo correndo, magari a zig zag per cercare di non essere un bersaglio troppo facile. Ogni volta che attraversavi era come giocare allo roulette russa...un colpo era pronto per te, ma non eri sicuro di quando e se sarebbe esploso.

I cecchini si divertivano a scegliere le loro prede. Poteva essere un vecchio che faticava ad affrettare il passo, poteva essere una mamma col bambino in braccio. Poteva essere quello che correva davanti a te e non potevi avere pietà per fermarti a soccorrerlo. Dovevi raggiungere correndo a testa bassa l'altra sponda della strada per riprendere fiato ed essere momentaneamente al sicuro. Se eri in macchina dovevi sfrecciare velocissimo e i passeggeri dovevano tenere la testa abbassata.

Sull'altro lato della strada, alla nostra destra, vediamo molti palazzoni, alcuni rimessi a nuovo altri completamente bruciati o con le finestre rotte e le parete bucherellate a mo' di gruviera. La maggior parte dei proiettili sono intorno alle finestre. Colpi fortunati...indirizzati alle finestre per colpire gli inquilini. Già, perchè non eri sicuro nemmeno in casa tua a Sarajevo.

Percorrendo la strada vediamo vari ponti e palazzi, tra cui il ponte costruito su progetto di Eiffel e il palazzo della posta. Arriviamo all'altezza del ponte latino, lo superiamo e giriamo a destra su un ponte che non è solo pedonale. Scendiamo dalla macchina per capire un po' dove siamo e cercare di capire dove sia l'hotel...appena scesa dalla macchina attratta come un'ape dal miele corro con la mia macchina fotografica sul ponte latino dove vedo la città e la Miljacka baciata dall'ultimo sole...i tetti di Sarajevo si colorano di arancione e io scoppio di gioia. Urlo “Steeeeee...mi piace!”
Sarajevo Ponte Latino

...ecco...quello per la cronaca sarà la prima e ultima volta che vedrò Sarajevo con il sole durante il mio soggiorno :-(( quindi non mi pento di aver privato i miei amici del mio contributo nella consultazione della piantina...contributo che tanto sarebbe stato penoso visto che tutti sanno che il mio orientamento fa pena...almeno avrò quell'unica foto di Sarajevo baciata dal sole
Risaliamo in macchina e andiamo a naso, ci troviamo vicino alla chiesa cattolica di Sveti Anto (Sant'Antonio), che non può non essere notata visto il suo colore rosso. Chiediamo informazioni a un papà che sta portando “in spagoletta” la sua bimba. All'inizio dice che non sa come aiutarci, poi vede la targa italiana e ci fa cenno di fermarci. Posa la sua bimba e consulta la cartina...ci indica dove andare, siamo vicini alla Pensione. È vicinissima al ponte Latino, solo 5 minuti a piedi, ci si lascia alle spalle il ponte Latino e a destra il Padiglione musicale, si sale per un vicoletto con delle case sgarrupate e sulla destra quasi nascosto ecco la nostra Pansion Kandilj. 

Mentre tiro giù i bagagli dalla macchina vedo due bambini che giocano nel vicolo, hanno un mitra finto in mano. Avranno 7/8 anni. Sorrido di un sorriso triste (e li fotografo ovviamente!) pensando a tutti i bambini come loro per i quali la guerra 20 anni prima non è stata un gioco. La pensione è piccina, pulita e arredata in stile tipico bosniaco, le camere sono piccole, ma accoglienti. Gli altri vogliono riposarsi un attimo, io e Ste invece scendiamo subito in strada, andiamo a piedi sul Ponte Latino.


 La scritta che ricordava l'attentato all'Arciduca definendo Gavrilo Princip “Eroe” è stata tolta in quanto Princip era serbo. Chissà se un giorno la rimetteranno. Ora è stato ridefinito “Terrorista”. Attraversato il ponte, all'altro lato della strada c'è un allestimento che mostra come avvenne l'attentato ricostruendolo con un filmato. Ci inoltriamo nella Bascarsija, il quartiere turco, il cuore di Sarajevo, la parte della città più cara ai sarajeviti.

 Descriverlo è riduttivo perchè le parole non possono rendergli giustizia. Posso dirvi che le strade sono lastricate, che c'è un bazar, tanti negozietti caratteristici ...ma quale centro storico non li ha? Potrei dirvi che in negozi hanno le saracinesche in legno che quando si chiudono diventano panchine, cosa che non ho mai visto in nessun altro posto. Ma non basterebbe ovviamente a farvene innamorare. Perchè per capire la Bacarsija, per comprendere come mai ti fa innamorare di Sarajevo devi ascoltarla, vederla e soprattutto annusarla. Non riesco a raccontarvela...Sarajevo è una canzone che esce da un negozietto di cianfrusaglie dove una ragazza con un vestito di ciniglia beige maculato di nero suona al pianoforte, lasciando la porta aperta per fare uscire le sue note dolci e lasciando entrare l'aria profumata dell'estate. Sarajevo è un piatto di cevapcici servito con la pita, il cui profumo (ebbene sì, per me è un profumo!!) ti si infila nelle narici e ti fa venire l'acquolina anche se hai appena mangiato. Sarajevo è il disordine delle stradine piene di negozi che vendono cianfrusaglie, ma anche gioielli in filigrana d'oro e manufatti in rame. Sarajevo è il profumo del caffè che esce da una Kafana. Sarajevo è i mille colori del bazar all'angolo tra Ferhadija e Gazi Husrevbegova, o dei tappeti colorati impilati nel cortile del Morica Han. Sarajevo è anche profumo di legna bagnata e di bosco. Tutto intorno alla città ci sono le colline e Sarajevo è scavata tra le montagne, si allunga con la Miljacka. Come canta Giovanni Lindo Ferretti è un catino.



Torniamo indietro alla pensione e con gli altri rifacciamo lo stesso percorso fatto prima...mostro loro anche le targhe, lungo i palazzi che costeggiano il fiume, di alcune persone uccise dai cecchini nel 1992 e 1993. Un ragazzo aveva la mia età. Ripercorro con loro per la seconda volta la via principale della Bascarsija. 

Ormai è buio e ha cominciato a piovere
Decidiamo di cenare al ristorante Inat Kuca, la “Casa della ripicca”, che un tempo si trovava nella sponda del fiume dove ora si trova la Biblioteca Nazionale, ma verso la fine del XIX° secolo proprio per costruire la Biblioteca Nazionale, la Vijecnica, fu fatta demolire. Il proprietario per ripicca si fece dare un risarcimento in monete d'oro e ricostruì la sua casa tale e quale sul lato opposto del fiume: da qui il nome singolare. Corriamo sotto la pioggia, fa freddo, ci saranno si e no 18°C che non è esattamente la temperatura che ci aspettavamo. Entriamo nel ristorante e ci sembra subito bellissimo per la calda atmosfera (in tutti i sensi!!) e per l'arredamento tipico. 

È davvero un gioiellino, ogni particolare è curato. Ci sediamo al nostro tavolo, su panche ricoperti da cuscini colorati fatti a mano, nel tipico stile ottomano. Prendiamo un piatto tipico, la Begova čorba e poi alla fine un dolce buonissimo di cui non ricordo il nome, ma non era la Baklava. Per finire un bel caffè bosniaco, che altro non è che il caffè turco (sorrido pensando che per i greci è il caffè greco e per i bosniaci è il caffè bosniaco...ma in fondo altro non è che il caffè turco). E' particolare perché viene servito in una piccola brocca d’ottone o rame con il manico allungato. Poi viene versato in una tazzina senza manico. Di solito si aggiungono due zollette di zucchero oppure vanno intinte nel caffè e gustate a piccoli morsi. Come in molte altre culture, è più un rito che una bevanda.

 Dopo cena diluvia, ma ciò non ci impedisce di ammirare la Biblioteca Nazionale illuminata
La Biblioteca Nazionale


, bellissima nonostante i ponteggi, e di farci ancora un giro nella Baščaršija alla ricerca di un locale in stile “Mille e una notte” dove fumarci un narghilè e bere una birra.
 
Sarajevo by night - uno dei tanti locali del centro

DOVE DORMIRE: Guest House Kandilj, http://www.kandilj.com/ E' una caratteristica pensione arredata in stile bosniaco, comodissima per visitare la città perchè a 5 minuti dal Ponte Latino a 10 minuti dalla Baščaršija.La colazione viene servita nel seminterrato, è discreta, nulla di eccezionale, ma lo yogurt è buonissimo. Il personale è giovane e cordiale.

DOVE MANGIARE: Ristorante Inat Kuca http://www.inatkuca.ba/bs/ locale arredato in modo tipico, si mangia bene, anche se di sicuro non è il ristorante più buono provato a Sarajevo, si trova sulla sponda opposta del fiume rispetto alla Biblioteca Nazionale, offre i piatti più famosi della cucina tipica Bosniaca, ottimi dolci e il caffè turco preparato e servito ad arte.

mercoledì 5 febbraio 2014

Il mio Balkan Express - Parte 1



Quest'anno parecchi amici andranno in Bosnia Erzegovina, allora ho pensato di dedicare alcuni post al mio viaggio nei Balcani avvenuto nel 2009. Ho recuperato il mio diario di viaggio, pubblicato anche su Turisti per Caso, lo posterò qui a puntate, corredato di foto. Spero possa essere utile... 

Buona lettura!
***********************************************************************

PRIMA TAPPA - CROAZIA LAGHI DI PLITVICE
Il mio Balkans Express è ufficialmente partito il 2 agosto, ma come ogni mio viaggio si potrebbe dire che sia iniziato 8 mesi prima...
Era da anni che volevo tornare in Bosnia Erzegovina, 20 anni fa esatti ci andai ancora bambina con i miei genitori, visitammo in realtà solo Mostar, ma mi era rimasta nel cuore e volevo anche conoscere con i miei piedi e i miei occhi la Gerusalemme d'Europa, ovvero Sarajevo, che come tutte le città in bilico tra oriente e occidente mi attirano moltissimo.
Da anni con mio marito dicevamo “Prima o poi ci andiamo col Bekcic a Sarajevo, così ci fa da Cicerone”, ma poi non si era mai fatto nulla.
Quest'anno(2009  leggo un po' di libri (tra cui “Maschere per un massacro” di Paolo Rumiz, “Il giorno di Bajram”di Francesca Caminoli e “Venuto al Mondo” della Mazzantini) che riaccendono in me la voglia di partire per i Balcani in un viaggio un po' on the road (in Bosnia Erzegovina) e un po' stanziale, ma non troppo (in Croazia)...mi documento, scrivo all'Ente del Turismo bosniaco, rivedo il documentario “ Jugoslavia – Morte di una nazione”, vado alla Bit in cerca di informazioni, ma più che altro rimane sempre quella scintilla, i miei ricordi di bambina e la musica...e sempre Quelle Due Canzoni in testa a farmi venire i brividi.
Due settimane prima di partire andiamo a trovare Aleksandar (Il Bekcic, come lo chiamo io) e la sua famiglia così ci spiega un po' della sua città che ha lasciato dopo l'ultima triste guerra. Ci mostra la cartina della città durante l'assedio, con disegnati i carri armati e le linee di divisione per capire com'era circondata Sarajevo e dove si trovavano le zone in mano ai Serbi e quali no. 

Si avvicina il piccolo Nikola, 6 anni e con candore giocoso esclama “Uuuh, quante macchine da guerra...per me han vinto questi” e indica una delle parti in mano ai Serbi. Suo papà gli risponde “beh, no, non han vinto loro”. Allora Nikola indica un punto a caso nel centro di Sarajevo e dice “allora hanno vinto questi” e suo papà “uhm, no, nemmeno loro”. La piccola Sara, 4 anni, allora giustamente esclama “Ma allora questa guerra non l'ha vinta nessuno!” e suo papà “eh, in un certo senso no, non l'ha vinta nessuno”. A volte i bambini con una frase di poche parole sanno riassumere una realtà ben più complicata.
Con gli ultimi consigli del Bekcic, la guida della Lonely sui Balcani e tanta voglia di partire da non starci dentro, il 2 agosto si parte, per ora siamo io, Ste, Sugar, Silvia, Robiola e Chegue poi durante il cammino si aggiungeranno gli altri.
Il sole picchia in questa prima domenica d'agosto, il termometro della macchina segna 37 gradi per quasi tutto il tragitto, dobbiamo arrivare entro sera al villaggio di Jelov Klanac, a circa 20 km dal parco nazionale di Plitvice, quasi al confine con la Bosnia, punto strategico per una sosta, visitare i laghi e poi proseguire per il nostro viaggio balcanico...
Non c'è traffico e il lettore cd ci fa compagnia con i Clash, i Ramones, i Dire Straits, i CCCP, i CSI e come sempre appena arrivo in Slovenia voglio sentire “Annarella” come la prima volta che l'ascoltai attraversando una strada statale in mezzo a collinette verde e case di montagna che sembrava di essere in Tirolo. Ma quando arrivo in Croazia voglio sentire Bregovic, come ogni volta che torno.
Rakovica - Jelov Klanac

Oramai siamo quasi a Rakovica, guardo la cartina e per poco non manchiamo la stradina sulla destra, quella che indica Jelov Klanac. Campi arati, piccole case umili,ma tutte ordinate, con i fiori alle finestre e sui balconi e in fondo boschi e boschi. Qui d'inverno fa molto molto freddo, anche se siamo sui 600 metri di altitudine e non si può dire che sia montagna, nevica spessissimo e la temperatura è spesso sotto lo Zero. Ma in questo agosto torrido il termometro segna anche qui 37°C e nei campi l'erba è giallina, secca. Da lontano vediamo due chalet in legno d'abete proprio come quelli in cui dormiremo noi per le prossime due notti.


Arriviamo in uno spiazzo con una piccola cabina in legno che funge da Reception sia per il maneggio che per i due chalet. Una signora ci accompagna al nostro, siamo al primo piano tutto mansardato dello chalet più “lontano”, quello più lontano dalla stradina asfaltata. Intorno a noi solo i boschi. Magnifico. La casa dentro è ancora più bella, tutta arredata con mobili in legno e dettagli sui toni dell'arancione. Una piccola stufa in ghisa si trova nel centro della sala, chissà che bell'atmosfera anche d'inverno, con il fuoco acceso e la neve fuori.

Passiamo la sera a brindare con le Karlovacko (la birra croata di Karlovac), a girare scenette stupide con la telecamera, a giocare a Uno...l'euforia del viaggio ci fa sentire bambini.
Advertisement



Il giorno dopo ci sveglia un bel sole, guidiamo per un quarto d'ora verso l'ingresso 2 dei laghi. Se è possibile mi sembrano ancora più belli che nel 2003, peccato per la troppa gente. I parco consiste in 16 laghi alimentati dai fiumi Bijela Rijeka e Crna Rijeka (Fiume Bianco e Fiume Nero), sorgenti sotterranee, collegati tra loro da cascate, che si riversano nel fiume Korana. Nel 1979 sono stati proclamati Patrimonio dell'Umanità dall'Unesco e sono visitabili grazie a una rete ben segnata di sentieri e a 18 km di passerelle in legno che si integrano benissimo nel panorama, senza deturparlo. Col caldo che fa, un tuffo in questi laghi color smeraldo sarebbe fantastico, ma per via del travertino, che altrimenti morirebbe, è vietato.



I laghi infatti sono in continua trasformazione, le grandi quantità di carbonato di calcio contenute nelle loro acque danno vita a mutevoli formazioni di travertino ecco spiegato questo gioco di barriere che crea questa miriade di cascate. La parte superiore del parco è più selvaggia, con una natura più dirompente, mentre la zona dei laghi inferiori è più tranquilla, con laghetti dai colori cangianti per via dei minerali contenuti nell'acqua. Nella parte dei laghi inferiori si trova anche la cascata più bella secondo me. Il Kozjak fa da ponte tra i laghi inferiori (entrata 1 del parco) e i laghi superiori (entrata 2 del parco) e si attraversa con un battello elettrico (trenini e battelli elettrici all'interno del parco sono inclusi nel prezzo del biglietto). Nessuna foto e nessun ricordo rende giustizia al colore unico di questi laghi...la prova è che tornandoci ho provato lo stesso stupore di 6 anni fa! Penso che sia uno dei posti più belli mai visti in vita mia. Dopo esserci riempiti gli occhi di tanta grazia, torniamo nelle nostra bella casetta nel bosco non senza esserci fatti una bella scorta di Karlovacko per passare la sera tra altre mille chiacchiere e risate...e dopo aver dato un occhio alla cartina perchè domani sarà...BOSNIA ERZEGOVINA...
studiando la cartina e la guida di Sarajevo
INFO PRATICHE:
PER MANGIARE: nel parco ci sono alcuni punti ristoro, per la sera invece, se non soggiornate in hotel, ma come noi nei paesini dei dintorni, vi consiglio di portarvi la spesa da casa o di fermarvi nel minimarket nei pressi del parco e di cucinare voi stessi. Noi abbiamo passato una magnifica serata nella calda atmosfera delle nostre casette di legno, con birra locale e un buon piatto di pasta!
PER DORMIRE: io vi straconsiglio gli appartamenti Jelov Klanac, ecco il link: http://www.jelovklanac.com/it/
Altrimenti vi consiglio anche questo sito dove troverete varie proposte di appartamenti nei dintorni: http://www.plitvice-lakes-apartments.com/index.html

martedì 4 febbraio 2014

Le disavventure dei miei viaggi

Dopo aver saltato un appuntamento de "Il Senso dei Miei Viaggi" di  Monica, rieccomi qui per ridere e ricordare le disavventure dei miei viaggi che a dirla tutta non sono poi molte!!

Disavventura anno 1998 - Cambridge U.K.


album ricordo...la nostra casetta di Cambridge

La più clamorosa, quella che a distanza di ben 15 anni ancora racconto spesso (e rido ogni volta) riguarda il mio secondo viaggio studio nel Regno Unito. 
Avevo 16 anni, quasi 17, a luglio io, La Totè e La Robiola partimmo alla volta di Cambridge dove  avremmo soggiornato per un mese a casa di una simpatica famigliola del posto e di mattina avremmo studiato inglese a scuola.
Come si può spiegare l'emozione e le aspettative di un viaggio nella magica Inghilterra, quando sei adolescente, ami il rock più di ogni cosa, partirai con le tue migliori amiche e sarai lontana da genitori e regole per ben 21 giorni???
Avete presente l'adrenalina? Ecco...
Arriviamo a Cambridge dopo qualche ora di pullman da Londra, alla fermata ci aspettano le varie famiglie in cui i vari partecipanti al corso verranno poi smistati. Vediamo subito un tizio alto, grosso, pelato e interamente tatuato e la Totè esclama "Scommetto che noi siamo con il tizio tatuato...! " e infatti...
Il Tatuato, che di nome faceva Richard, viveva in una tipica casupola in mattoni con:
moglie;
Suocera;
Tre figli (Nathan, Ben e Jade);
il fratello;
il nipote (figlio di suo fratello);
il figlio illegittimo del fratello.

Tutta sta gente io non ho ancora capito bene dove dormisse, a noi fu assegnata una stanza con due letti singoli e un letto a castello dove dormiva anche Jade la figlia maggiore che voleva diventare una Spice Girl e a volte ballava nuda davanti allo specchio.
Comunque dopo alcuni giorni smettemmo di farci domande, era una famiglia strana, punto. La sera a volte si mangiava solo patatine chips del sacchetto, di giorno il nostro packed lunch a volte consisteva solo in panini al latte vuoti o con dentro una fetta di cetriolo, il venerdì andavano tutti al pub, figli compresi (5,7 e 9 anni) ed era l'unico giorno in cui veniva fatto loro il bagno: si riempiva la vasca e a turno (dalla più grande al più piccolo) venivano lavati nella stessa acqua. 
Poi erano tutti disoccupati...il capofamiglia,Richard, ogni tanto faceva dei lavoretti da elettricista e stop. In più sia lui che il fratello erano dei tatuatori fai da te...Richard aveva tatuaggi ovunque, pure una lacrima di Pierrot in faccia e sulle dita delle mani aveva scritto "Love" e "Hate". Penso che la loro vera entrata fossero i ragazzini che venivano da giugno a settembre per i viaggi studio, le agenzie che organizzavano i corsi pagavano un tot (molto basso rispetto al costo totale del pacchetto) per ogni ragazzo che ospitavano. 
La cosa bella è che a mangiare così poco tutte e tre tornammo dimagrite...peccato che a dimagrire non fu solo la nostra ciccia, ma anche il mio portafoglio. Dopo qualche giorno che eravamo arrivate, iniziai a notare che i miei soldi nascosti in valigia continuavano a diminuire, ma trovavo sempre la valigia chiusa con il lucchettto, pensai di aver contato male, in fondo ogni giorno mi mancavano circa 5 sterline quindi poteva anche essere che avessi fatto male i conti.
Un giorno però sparirono 150 sterline, ai tempi c'erano ancora le lire ed erano davvero tantissimi soldi, ero quasi a secco. Oramai era chiaro che qualcuno aveva trovato il modo di aprire la mia valigia e rubarmi i soldi. Ero preoccupatissima, non sapevo come cavarmela, alla fine decisi di parlare al capofamiglia. Ricordo benissimo quel colloquio, io e lui seduti sulle scale di legno della loro casetta inglese, gli dissi che mi vergognavo a dirglielo, ma che purtroppo dovevo, che non volevo accusare nessuno, ma che effettivamente a me erano spariti dei soldi, tanti soldi...fu molto comprensivo e paterno e disse "Ho capito tutto, so chi è stato, ci penso io". Sempre quel giorno, che non c'era lezione, incontrammo il nipote e il fratellastro del nipote che erano in veranda a fumare marijuana e ci fecero tutto un discorso sconnesso su quanto erano lunghi i loro piselli, che loro erano fighi perchè la notte prima avevano scopato,che loro per grattarsi l'uccello dovevano chinarsi fino a terra perchè era lunghissimo...Conversazioni di altissimo livello insomma.
Perplesse e anche un po' a disagio ce ne andammo con le nostre bici a fare un giro. 
Quella sera Richard e la moglie prepararono la cena solo per noi tre (loro come già detto spesso si nutrivano solo di patatine o altre schifezze seduti sul divano mentre guardavano la tv). Aspettarono che fossimo tutti in casa, poi tirò giù le tapparelle, chiamò in sala il nipote e il fratellastro del nipote e si scatenò l'inferno.Iniziò a interrogarli e ad urlare...la cosa bella è che capivamo quasi tutto, non so se per il gusto del gossip o se perchè quella vacanza ci aveva davvero fatto migliorare il nostro inglese, comunque per farla breve capimmo che erano stati loro due a rubare i soldi, che l'avevano già fatto in precedenza e che con i miei soldi erano andati...a puttane!!!! A quel punto non resistemmo oltre e io e la Totè scoppiammo a ridere, ma Richard ci disse di non ridere, che era molto arrabbiato e che non era finita lì. 
I due ragazzi, che con noi avevano fatto tanto gli spavaldi e gli sbruffoni quella mattina mentre ora erano con la coda tra le gambe, dissero che i soldi avanzati erano in una buca in giardino e lo zio li mandò fuori a scavare...ormai io, Totè e Robiola ridevamo senza ritegno, beccandoci le occhiatacce di Richard e dei due giovani. 
Mi restituirono circa 50 sterline e Richard disse che per il resto sarebbero andati a lavorare e mi avrebbero restituito tutto prima della mia partenza. 
Nei giorni successivi mi diedero altre 50 sterline...per le altre 50 che mancavano all'appello...beh, dite che se non le ho ricevute in 15 anni non ho più speranze????
Della serie: la speranza è l'ultima a morire!

Disavventura anno 2003 - Croazia


Parco Nazionale dei Laghi di Plitvice - Croazia


Correva l'anno 2003 e io avevo 21 anni e 10 kg in meno (ok, questo non c'entra, ma a sfogliare le foto non ho potuto non notare questo insignificante dettaglio). Era il 2 Agosto e quel giorno saremmo partiti io e una decina di amici per la Croazia. Avevamo aspettato quella vacanza contando i giorni, era una delle prime vacanze all'avventura, senza prenotare nulla. Pensavamo di decidere le tappe man mano,un vero "on the road", avevamo prenotato solo la prima notte per sicurezza. Infatti se avevamo una tappa certa per quel viaggio quella era il Parco Nazionale dei Laghi di Plitvice. 
Alle 4 del mattino partiamo, tutti gasati, fino a Venezia tutto fila liscio, a quel punto troviamo un po' di coda, ma tutto nella norma. Superiamo il confine, un poliziotto Croato ferma la macchina di Yuri, forse per la sua aria un po' strana, le borchie, la maglietta dei Sex Pistols con i buchi e le spille da baglia? Gli chiedono "Qualcosa da dichiarare? Droga?" e lui "E' lei la mia droga" indicando la sua ragazza che siede in parte a lui...
Il poliziotto ovviamente non capisce la battuta, ma dopo un controllo veloce lo lasciano andare. Riprendiamo la marcia, siamo a buon punto, peccato che arrivati a Novi Vinodolski ci fanno deviare per Bribir perchè sulla Jadranska Magistrala si era sviluppato un incendio, ai tempi non c'era ancora l'autostrada e bisognava fare la Magistrale Adriatica, quella magnifica strada costiera, tanto bella quanto tortuosa.
E lì sono iniziate le nostre 4 ore di passione. Fermi in coda, la polizia faceva passare a senso alternato poche macchine alla volta. All'inizio è stato anche divertente perchè scendevamo dalla macchina e ballavamo Bob Marley, raccoglievamo i fichi dagli alberi sulla strada, facevamo gli scemi con le macchine in coda ecc...Ma dopo un po' non ce la facevamo più!Quando poi l'unico bar raggiungibile a piedi su quella strada finì l'acqua iniziammo a preoccuparci un po'....era la rovente estate del 2003, la più calda degli ultimi cent'anni!
All'improvviso però si sblocca la coda e all'alba delle 11 di sera arriviamo finalmente a Plitvice dove avevamo prenotato un appartamento tramite internet. Poco prima di arrivare a Plitvice, il mio ragazzo che faceva da "apri pista" ferma la macchina e spegne i fanali imitato da tutti gli altri. Scendiamo dalla macchina e guardiamo il cielo...ecco, io tante stelle come le ho viste quel giorno non le ho più viste. Se non avessimo avuto quel contrattempo questo momento magico, che ancora rammentiamo tra noi amici quando ricordiamo quella vacanza, non ci sarebbe mai stato. Della serie: vediamo il bicchiere mezzo pieno!
Disavventura anno 2008 - Istanbul





tramonto sul Corno d'Oro visto dal ponte di Galata

Erano anni che sognavo Istanbul e finalmente nel marzo 2008 convinco mio marito a prenotare una settimana a Istanbul per il mese di giugno. Avevo trovato una buona offerta da Orio al Serio (io vivo a BG, quindi perfetto!) su Istanbul Sabiha tramite la ormai defunta My Air. 
Arrivo previsto per le 23 circa, ma qualche giorno prima della partenza un sms della My Air ci comunica che il volo è stato anticipato...tanto meglio! Ci presentiamo a BG Orio al Serio con due ore di anticipo, verso le 14:00, ma poco dopo vediamo che il nostro volo è stato posticipato di 8 ore!!! 8 ore???? Noi abbiamo già fatto il check-in, ci viene consegnato un buono di 8 euro per mangiare e la possibilità di una stanza nell'hotel di fronte all'aeroporto, ma siccome noi abitiamo a 5 minuti dall'aeroporto torniamo a casa. Dopo un paio di ore controllo per scrupolo il sito dell'aeroporto e scopro che...il volo non è più in ritardo di 8 ore, ma solo di 4...quindi ci precipitiamo al volo di nuovo all'aeroporto, dove veniamo anche cazziati dal personale My Air per essercene tornati a casa. Dopo poco scopriamo che il volo è stato ri-posticipato di altre due ore, quindi aveva 6 ore di ritardo rispetto all'orario originale, corro subito all'internet point per scrivere l'ennesima e-mail al tizio dell'hotel di Istanbul che doveva anche mandarci l'autista a prendere. 
Alla fine veniamo imbarcati sull'aeromobile, tutti contenti, oramai è questione di minuti e finalmente partiremo...
E invece...
La voce del comandante che annuncia "Ci scusiamo per il disagio, ma siccome al peggio non c'è mai fine, dobbiamo annunciarvi un ulteriore ritardo a causa di un passeggero che non si è presentato, ma che ha il suo bagaglio già imbarcato, dovremo quindi controllare tutti i bagagli imbarcati finchè non troveremo il bagaglio di questa persona e lasciarla a terra."
A quel punto parte un coro di "noooooooooooooooooooo" e fischi a go-go.
Dopo quasi un'ora, quando ormai non ci speravamo più ecco che il comandante ci annuncia la partenza.
Alla fine arriviamo a Istanbul Sabiha (nella parte asiatica della città) che sono le 2:30 (3:30 ora locale), ma ne è valsa la pena perchè viaggiare di notte e atterrare in mezzo a quel tappeto di luci adagiate sul Mar di Marmara e il Bosforo è stata un’emozione grandissima. Dall’alto Istanbul e il Corno d’Oro sembravano un tappeto di velluto nero cucito con una miriade di perline arancioni, gialle e verdi, le luci della città e da gemme più grandi, i battelli fermi sul Bosforo.
Il tassista pazzo che ci porta all’albergo a Eminonu canta e balla (!!) mentre guida e attraversando il ponte sul Bosforo ci urla “Here Asia, here Europe...Welcome to Eurooooope!” ed è stato emozionante passare a tutta velocità su questo ponte che congiunge Oriente e Occidente. Al ritorno da Istanbul la My Air ci comunica che per il disagio ci è stato regalato un buono da 100 euro da usare su una delle loro rotte e da consumare entro fine anno. Con quel buono andremo a trovare i nonni e gli zii di mio marito a Bari a fine Ottobre. Della serie: non tutto il male vien per nuocere.