giovedì 9 giugno 2016

Good Bye Sarajevo


Il terzo giorno a Sarajevo è un'altra brillante giornata di sole, questa volta siamo stati davvero fortunati. 

Dopo la colazione decidiamo di prendere un taxi e contrattare un prezzo per farci portare prima alla Zuta tabija (la Fortezza gialla che domina Sarajevo) , e poi, dopo aver scattato qualche foto, farci portare al "Tunel", cioè il Tunnel che salvò tantissime vite durante l'assedio e che ora è diventato museo. 





Dalla Fortezza Gialla si domina davvero tutta la città, si vede bene com'è strutturata, stretta tra le colline e le montagne con la Miljacka a farle da spina dorsale, si vedono i cimiteri, delle macchie bianche in mezzo alle case con le tegole rosse, e si vedono i ponti. 

Facciamo una foto con dietro la "mia" città...chissà se mia figlia si ricorderà qualcosa di questo viaggio?
Il nostro taxi ci ha aspettato come da "contratto" e fila veloce dalla parte opposta della città, verso il Tunnel. 
Lui conosce la strada, chissà quante volte ci ha portato turisti curiosi come noi. Tutti lo conoscono il Tunnel di Sarajevo, ma nessuno ne parla e non ci sono praticamente indicazioni stradali per arrivarci, per questo scegliamo il taxi, 5 anni fa girammo con la nostra macchina a vuoto, chiedendo informazioni che nessuno ci voleva dare (per i Serbi quello è ricordato come un luogo di torture, per la gente di Sarajevo invece è celebrato come simbolo di coraggio e di sopravvivenza).



Il Tunnel fu costruito nel 1993 con lo scopo di collegare Sarajevo città, circondata e isolata dalle forze serbe, al resto della Bosnia passando sotto la zona neutrale dell'aeroporto, protetto dalle Nazioni Unite. Il Tunnel fu costruito da volontari bosniaci che si alternavano, scavando ("con le mani, le pale e i picconi" si legge in questo articolo di Osservatorio dei Balcani) in turni da 8 ore ciascuno, iniziato a Gennaio fu ultimato dopo circa 6 mesi. Grazie ad esso molti Sarajevesi riuscirono a scappare dalla città assediata, allo stesso tempo il tunnel fu utilizzato per portare viveri e qualsiasi genere di aiuto umanitario a chi era rimasto. Non solo! Grazie al tunnel furono fatte passare le armi necessarie ai cittadini per difendersi. Il tunnel è largo poco meno di un metro, alto 1,60 m ed era lungo 800 metri, ma ne sono stati conservati solo 20 m e sono stati convertiti in museo. 


Stella, ignara dell'utilizzo originale di quel tunnel, me lo fa attraversare circa 10 volte...una fatica...e sono solo 20 metri... china per forza con il mio metro-e-settantacinque e senza praticamente carichi...immagino cosa significasse fare quasi 800 metri con la schiena abbassata trasportando kili di merce...


Ci facciamo riaccompagnare in centro dal nostro amico tassista che ci racconta brevemente di lui (è musulmano) e della città durante la guerra. Ride mentre racconta che "lì facevano bang bang" e imita il suono degli spari... (io e mio marito ci guardiamo perplessi...sarà un suo modo per esorcizzare i ricordi...chissà) . 


Ci dividiamo momentaneamente dai nostri amici che vogliono visitare alcuni musei che noi abbiamo già visitato la volta scorsa e ci godiamo la Baščaršija mangiando cevapcici da Zeljo, chiacchierando con due ragazzi (una coppia) di Sarajevo che ora vivono in Erzegovina e che sono venuti dopo tanti anni a rivedere la loro città dalla quale, raccontano, sono scappati durante la guerra. Sono stati in Italia una volta, ci dicono, in gita scolastica, poco prima che scoppiasse la guerra. Chiacchieriamo un po' e poi li salutiamo, andiamo nella via dei battitori di rame





In uno dei negozi di questi battitori di rame, facciamo amicizia grazie a mia figlia Stella (con i bambini è più facile avere una scusa per attaccare bottone) con il proprietario che è all'opera.





Gli attrezzi del mestiere

Gentilissimo ci fa vedere al momento come crea i braccialetti di rame decorati con motivi floreali o con il profilo della città, chiedo se posso fotografarlo e acconsente senza problemi ed infine regala una calamita a mia figlia che inizialmente scoppia a piangere perchè non la trova di suo gusto (...) ed infine si pente e torna indietro per dire "scusa" e poi "Hvala"...(eeeevvvaiiii con il bipolarismo yeah) 

Nella nostra passeggiata pomeridiana scopriamo anche una parte di Sarajevo che l'altra volta ci era sfuggita pur essendo così vicina alla piazza del Sebilj...si tratta di una via acciottolata e in salita con pochi turisti e parecchie botteghe caratteristiche, lì è bello camminare lontano dalla confusione e con un colpo d'occhio speciale sulla Bascarsija.





A questo punto ci ritroviamo con i nostri amici e con l'intento di andare verso le installazioni del Sarajevo Film Festival (i maschi) e alla Srebrenica Exhibition (le femmine) capitiamo fuori dall'antica Chiesa Ortodossa...che facciamo? Indecisi se valga la pena entrare o meno alla fine decidiamo di entrare e mai scelta fu più azzeccata. 
Avete presente quei momenti magici che a volte accadono nella vita? Quando l'Universo si ferma in un attimo di perfezione? 
Entriamo e abbiamo come l'impressione di essere capitati in un posto magico, siamo solo noi 5, i passi risuonano sul pavimento e l'unica luce oltre a quella che filtra dai piccoli vetri e illumina il soffitto blu decorato con delle stelle dorate è la luce di decine di candele sottili e lunghe infilzate dentro vasi di sabbia. Della musica liturgica ortodossa ci accompagna nella nostra visita, io e la mia amica abbiamo letteralmente i brividi.





A quel punto ci dividiamo, lascio mia figlia con suo padre e vado con la mia amica a vedere una mostra sul genocidio di Srebrenica, abbiamo visto le locandine vicino alla Chiesa cattolica.

Alla Srebrenica Exhibition c’è un mega schermo sul quale a rotazione proiettano due filmati.
Il primo è un video riguardante l’assedio di Sarajevo, con molte interviste ai cittadini mentre il secondo parla del Genocidio di Srebrenica.
Durante il filmato sull’assedio intervistano una donna bionda, sulla quarantina che dice “E’ facile stare a guardare un documentario sulla guerra, ma dentro questa guerra ci siamo noi e voi non potete capire”
Per la seconda volta in due giorni mi sento piccola e stupida. Io che da anni leggo e mi informo su quanto è successo nei Balcani quando io ero adolescente e ogni volta che mi sembra di aver capito questa guerra vedo qualcosa o leggo un’intervista o un libro e devo ricominciare da capo perché ogni certezza viene nuovamente ribaltata. Mi sfugge il senso, mi sfuggono i meccanismi e le cause-effetto… Effettivamente la storia dei Balcani, dell’ex Jugoslavia, è molto complicata, non si può etichettare in nessun modo definitivo.
E cosa ancora più certa io non posso capire cosa voglia dire stare dentro una guerra. Cosa voglia dire vedere i morti per strada e non dietro uno schermo,  vivere senza elettricità, acqua, riscaldamento, cibo e assorbenti per giorni e giorni, mesi e anni. Cosa voglia dire rischiare la pelle per andare a scuola, per andare a prendere l’acqua. Non so cosa voglia dire lavarsi con l’acqua fredda. Non so cosa significhi usare i mobili di casa come legna da ardere. Per fortuna non conosco nulla di tutto ciò.
A un certo punto nel video sull'assedio 3 ragazzine intervistate trovano una macchina abbandonata e aperta, ci saltano dentro e intonano "All that she wants", hit dell'estate 1993, la ragazzina che fa finta di guidare dice "Dove andiamo ragazze?Andiamo al mareeeeee". 
Probabilmente quello stesso giorno anche io a poche centinaia di km in linea d'aria da quella città, da quella macchina, stavo cantando quella canzone in tutt'altro contesto. Ignara, o quasi, del male che c'è nel mondo, come tutte le dodicenni dovrebbero essere. Forse quella è stata la parte del video che mi ha toccata di più...la voglia di vivere e di spensieratezza di quelle ragazzine che vivevano ogni giorno l'incubo di un Paese in guerra, di una città assediata...e quel mare che idealmente avrebbero voluto raggiungere non era più nemmeno il loro mare. 
Il video intervista alle mamme di Srebrenica è stato veramente un pugno allo stomaco, da mamma immedesimarsi è stato ancora più facile che farlo semplicemente da essere umano ed è stato veramente orribile. Per chi non lo sapesse, nel Luglio 1995, Srebrenica, zona protetta dalle truppe olandesi dell'ONU dove avevano cercato rifugio decine di migliaia di musulmani, fu attaccata dalle truppe serbo-bosniache guidate da Mladic. L'Undici Luglio tutti gli uomini dai 13 ai 78 anni furono divisi dalle donne e dai bambini apparentemente per procedere allo sfollamento, in realtà furono allontanati e giustiziati senza sosta, uno dopo l'altro a colpi di mitra e gettati in fosse comuni. Stiamo parlando di 8372 uomini secondo le fonti ufficiali, circa 10.000 secondo le associazioni per gli scomparsi.
Una mamma nell'intervista dice che quando salutò per l'ultima volta suo figlio non urlò tutto il suo terrore e la sua paura perchè non voleva far vedere al suo "bambino" che c'era da temere qualcosa, non voleva che avesse più paura di quanta già non ne avesse. 
Guardiamol'intervista tra le lacrime e uscite da quella mostra ce ne torniamo a casa annientate, anichilite, con l'anima svuotata e il cuore pesante. Non riusciamo nemmeno a parlare tra noi. 
Ma arrivate a casa c'è la mia bambina e non posso rimanere triste e silenziosa...e fuori c'è un altro tramonto arancione e l'ultima sera sarajevese ad aspettarci. 
Ci mettiamo un po' a lasciarci andare quella sera, perchè davvero siamo rimaste scosse, ma poi ci immergiamo nell'atmosfera festosa della Bascarsija , non vogliamo rovinare l'ultima sera qui a Sarajevo e ce la godiamo tutta...cenetta , poi un caffè bosniaco servito con tutti i crismi e infine, quando ormai Stella dorme nel suo passeggino, ci infiliamo in un locale a bere caj e fumare narghilè. 





Poi svaligiamo un negozio di dolci tipici vicino al Sebilj, saranno quelli i nostri souvenir per amici e parenti. 
L'ultima notte Sarajevo ha l'aria frizzantina e il profumo di rosa. E niente...mi sono arresa a lei anche sta volta. Non le resisto, mi faccio pervadere da tutta la sua essenza, per lo meno quella che riesco a cogliere.

La mattina dopo si parte per l'ultima tappa del nostro viaggio: Belgrado ci attende. 
La casa non ha l'ascensore e dobbiamo fare più viaggi per portare in strada le valigie. 
E così mentre salgo in casa per l’ultima volta a prendere le ultime borse da caricare in macchina, sento una malinconia profonda salirmi dalla pancia al cuore. Io amo questa città. Amo il suo odore, la sua polvere, i suoi contrasti. Amo la sua aria frizzantina la sera. Amo i mille caffè bevuti in questa vacanza, amo i suoi ponti che non c’entrano un cazzo l’uno con l’altro eppure a Sarajevo stanno bene, lì sulla Milijacka, uno dietro l’altro.
Amo la musica anni 80 che, non so perché, esce da tutte le radio, in tutti i locali. Pure Albano e Romina mi sono dovuta sorbire per intero, come l’anno scorso a Cracovia (MA PERCHE’???).
Amo i suoi cevapcici serviti con la pita e amo berci sopra uno yogurt.

IO NON VOGLIO PARTIRE.

Perchè non siamo tornati prima?

E mi viene in mente quella frase nel libro della Mazzantini Questa città è una tasca per noi, è infilare le mani nel buio e sentire un calore che arrivi dal fondo.”

(*) Consiglio la lettura di "Come fossi solo" di Marco Magini, per approfondire il discorso su Srebrenica, di "Maschere per un massacro" di Paolo Rumiz per capire un po' di più la guerra dei Balcani, de "La Cotogna di Istanbul" sempre di Rumiz e "Venuto al Mondo" di M.Mazzantini per farsi ispirare da Sarajevo e gustarsela attraverso un romanzo. 

4 commenti:

  1. Ecco, io già avevo voglia di tornare a Sarajevo appena rientrati in Italia, adesso ne ho ancora di più :)
    Ci siamo rimasti troppo poco tempo, alla fine abbiamo avuto solo un giorno per visitarla quindi un po' dei luoghi che hai visto non abbiamo avuto il tempo materiale per vederli ma per quello che abbiamo visto mi ha rubato il cuore.
    La mostra su Srebenica e la vecchia chiesa ortodossa erano in lista tra le cose da vedere ma non siamo riusciti ad andarci; sono già su quella per la prossima volta perchè ci sarà sicuramente una seconda volta.
    Mi sono segnata i suggerimenti dei libri, sicuramente ne acquisterò qualcuno dato che in pausa pranzo al lavoro mi dedico alla lettura e ho bisogno di nuovi libri.
    VOGLIO TORNARE A SARAJEVOOOOOOOOOO (opss forse ho esagerato :D )

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  2. Grazie Chiara, mi fa piacere che passi sempre a commentare. ..anche io voglio tornare... mi manca troppo

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  3. Non sono mai stata a Sarajevo e sto cercando di colmare da tempo quel vuoto di informazioni (vere, non filtrate da Tg e Tv) su quegli anni, sulla guerra...ero adolescente anche io, immaginavo ma non sapevo davvero cosa stava accadendo a poca distanza da noi. Ad accrescere il mio desiderio di informarmi è stato proprio "Venuto al mondo" e comunque ogni volta che aggiungo un tassello, come nel caso del tuo post (molte cose non le sapevo, grazie!) mi sento davvero un po' "piccola" e stupida...e mi viene voglia di vedere quei luoghi, ascoltare storie, capire...bel post, spero davvero di visitare presto questa città...

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    1. MI fa piacere aver contribuito ad aggiungere un tassello con il mio post...se vuoi nel blog ho pubblicato moltissimi post riguardanti Sarajevo e la Bosnia. Grazie mille per essere passata

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