Il
4 agosto si preannuncia con un tempo incerto...nuvoloni neri da cui a
fatica il sole fa capolino.
arcobaleno a Jelov Klanac |
Salutiamo la nostra bella casetta di
Jelov Klanac, i cavalli che sn venuti a trovarci anche stamattina nel
prato di fronte a casa, carichiamo le macchine e siamo già in
viaggio.... Dopo soli 27 km si è già in territorio bosniaco, la
vegetazione è ovviamente la stessa, ma la differenza si vede...prima
di tutto i campanili dei paesini croati lasciano spazio a piccole
moschee, alcune donne per strada portano il velo, ma ciò non
impedisce ad altre bellissime ragazze di girare con minigonne
mozzafiato e magliette scollate...ci sono anche persone dai volti
molto sciupati, volti cotti dal sole per il lavoro nei campi e con la
faccia ricamata da rughe profonde...sembrano dei vecchi, ma credo che
in realtà abbiano poco più di 50 anni. Le cittadine che
attraversiamo sembrano più povere rispetto a quelli attraversati in
Croazia e l'ordine dei paesini sloveni è un ricordo lontano...qui
vige il tipico disordine balcanico...addirittura vediamo un grande
numero di case mezze dipinte, mezze costruite con i lavori lasciati a
metà, balconi senza assolutamente la ringhiera o qualcosa che ne
faccia le veci...e nonostante questo donne sedute sul balcone a
fumare o prendere il tè o bambini che ci giocano come se niente
fosse, come se fosse normale e non ci fosse il pericolo di cadere
giù! Attraversiamo vari paesini dopo esserci fermati da un benzinaio
che parlava solo tedesco per cambiare i soldi: “Where can we change
our money?” risposta “Ich spreche nur Deutsch...”...ripesco nei
cassetti della mia memoria, da 9 anni il mio tedesco giace nel
cassetto chiamato “lontani ricordi della scuola superiore”, ma
riesco a spiccicare una frase di senso compiuto “Wo kann ich die
Gelde wechseln?” e questo senza troppa cortesia ci cambia i nostri
euro in marchi convertibili. 1 marco=50 centesimi di euro...il cambio
è decisamente favorevole.
Tra
un paesino e l'altro attraversiamo prati verdi, dolci colline e sullo
sfondo montagne ricoperte di conifere scure...sembra non ci sia
traccia umana per kilometri.
Verso
mezzogiorno arriviamo a Jaice, nostra prima tappa in territorio
bosniaco, città che nel novembre del '43 ospitò la Riunione del
Consiglio Antifascista di Liberazione Nazionale Jugoslavo, ma
turisticamente famosa per le belle cascate di quasi 21 metri di
altezza che fanno un salto proprio nel mezzo del caratteristico
centro storico.
Jaice |
Jaice |
La Cittadella - Jaice |
Scendendo
dal lato opposto da dove siamo arrivati notiamo i resti di una chiesa
medievale il cui campanile è identico a alla torre che si trova
sullo Stradun (o Placa) di Dubrovnik. Vediamo anche i cartelli per
visitare le catacombe che forse sono la cosa più interessante di
Jaice, ma non avendo tempo lasciamo stare. Ad ogni modo sappiate che
per visitarle dovete suonare alla casa di fronte all'ingresso delle
catacombe, ovvero alla Sig.ra Alida, che vi farà anche da guida e vi
chiederà un solo marco come ricompensa. Le catacombe risalgono al
1400 e furono luogo di culto per i seguaci della “Chiesa bosniaca”.
Forse quasi nessuno conosce la storia della Chiesa bosniaca, ebbene,
si tratta di una Chiesa sé, che aderiva al credo e ai riti
cristiani, riconoscendo la sacralità della Croce, celebrando la
messa e dedicandosi alla lettura dei salmi, ma il suo elemento
caratterizzante fu la vita monastica, i monasteri però svolgevano
anche la funzione di locande per accogliere ospiti e viaggiatori e
intere famiglie vivevano insieme ai monaci tanto che a fatica si
faceva distinzione tra vita monastica e laica.
Quando
ci fu l'invasione dei turchi, quasi tutti si convertirono all'islam,
probabilmente in cambio di favori (questo può far capire, anche se
non comprendere, come mai i mussulmani bosgnacchi siano mal visti sia
da serbi ortodossi che da croati di fede cattolica...dissotterrando
cose vecchie di 5 secoli i bosgnacchi appaiono come i traditori.
Quelli che in cambio di favori diventarono mussulmani invece di
combattere gli invasori. E qui chiudo la parentesi visto che mi viene
la pelle d'oca anche solo a tentare di trovare un motivo a quella
guerra orribile degli anni '90 del secolo scorso).
Scesi
di nuovo in paese, andiamo in centro a mangiare i cevapcici, ma
essendo un bar la qualità non è ottima (pita e carne sono davvero
troppo unti e dal quel momento diventeranno il peggior incubo di
Sugar).
Camminiamo
poi fino al belvedere da cui si vedono le due bellissime cascate, ma
per chi non soffrisse di vertigini, c'è la possibilità di vederle
proprio nel punto da cui “compiono il salto”
cascate di Jaice |
Torniamo
alla macchina e proseguiamo verso Sarajevo...NON VEDO L'ORA di
arrivare!
Guidare
è piacevole, non credete a chi vi dice che le strade sono
terrificanti e pericolose e che ci sono controlli della polizia ad
ogni angolo (non ne abbiamo visto nemmeno uno), l'importante è non
oltrepassare il limite di velocità e non avrete problemi. La via è
a due corsie, niente autostrada, ma è bello vedere il panorama,
attraversare piccoli paesini e cittadine un po' più grandi, vedere
la collina che diventa montagna, tutto quel verde e i piccoli fiumi
color smeraldo...se la Bosnia fosse un colore non c'è dubbio che
sarebbe VERDE (la Bosnia nè...non ho detto l'Erzegovina).
Una
cosa curiosa: ad un certo punto, a metà strada tra Jaice e Sarajevo,
vediamo un susseguirsi di venditori ambulanti di CD sul ciglio della
strada. Hanno 'sti baracchini che vendono CD sbiaditissimi, chissà
di quali cantanti. Però erano buffi! Mai visti in nessun'altra
strada percorsa durante il ns viaggio (di solito vedevamo venditori
di vino, miele, frutta e soprattutto mirtilli).
Arriviamo
a Sarajevo che è pomeriggio inoltrato, ci ricordavamo che l'hotel
(la Pansion Kandilj) è vicino al ponte Latino, il ponte vicino al
punto dove l'anarchico Serbo Princip fece partire i colpi di pistola
che uccisero a morte l'erede al trono dell'Impero Austroungarico,
l'arciduca Francesco Ferdinando, e sua moglie Sofia incinta di pochi
mesi.
Dopo
soli pochi km dell'autostrada in costruzione, arriviamo a Sarajevo,
rotolando direttamente nel viale soprannominato “Viale dei
Cecchini”, ovvero la Zmaja, un grande viale cittadino a 4 corsie
che collega la periferia con il centro della città risalendo la
Miljacka (il fiume di Sarajevo). Riconosco il famoso Holiday Inn
sulla mia sinistra, quel blocco giallo famoso per essere stato
durante l'assedio l'unico hotel in funzione dove dormivano i
giornalisti di tutto il mondo venuti a raccontare quella folle
guerra. Il viale dei Cecchini è così soprannominato perchè era una
delle zone più esposte della città, avendo le montagne da entrambi
i lati ed essendo troppo largo per riuscire a nascondersi.
Dalle
montagne i serbi sparavano, giocavano al tiro al bersaglio puntando i
loro fucili di precisione a caso sulle loro vittime. Chi attraversava
doveva farlo correndo, magari a zig zag per cercare di non essere un
bersaglio troppo facile. Ogni volta che attraversavi era come giocare
allo roulette russa...un colpo era pronto per te, ma non eri sicuro
di quando e se sarebbe esploso.
I
cecchini si divertivano a scegliere le loro prede. Poteva essere un
vecchio che faticava ad affrettare il passo, poteva essere una mamma
col bambino in braccio. Poteva essere quello che correva davanti a te
e non potevi avere pietà per fermarti a soccorrerlo. Dovevi
raggiungere correndo a testa bassa l'altra sponda della strada per
riprendere fiato ed essere momentaneamente al sicuro. Se eri in
macchina dovevi sfrecciare velocissimo e i passeggeri dovevano tenere
la testa abbassata.
Sull'altro
lato della strada, alla nostra destra, vediamo molti palazzoni,
alcuni rimessi a nuovo altri completamente bruciati o con le finestre
rotte e le parete bucherellate a mo' di gruviera. La maggior parte dei
proiettili sono intorno alle finestre. Colpi fortunati...indirizzati
alle finestre per colpire gli inquilini. Già, perchè non eri sicuro
nemmeno in casa tua a Sarajevo.
Percorrendo
la strada vediamo vari ponti e palazzi, tra cui il ponte costruito su
progetto di Eiffel e il palazzo della posta. Arriviamo all'altezza
del ponte latino, lo superiamo e giriamo a destra su un ponte che non
è solo pedonale. Scendiamo dalla macchina per capire un po' dove
siamo e cercare di capire dove sia l'hotel...appena scesa dalla
macchina attratta come un'ape dal miele corro con la mia macchina
fotografica sul ponte latino dove vedo la città e la Miljacka
baciata dall'ultimo sole...i tetti di Sarajevo si colorano di
arancione e io scoppio di gioia. Urlo “Steeeeee...mi piace!”
Sarajevo Ponte Latino |
...ecco...quello
per la cronaca sarà la prima e ultima volta che vedrò Sarajevo con
il sole durante il mio soggiorno :-(( quindi non mi pento di aver
privato i miei amici del mio contributo nella consultazione della
piantina...contributo che tanto sarebbe stato penoso visto che tutti
sanno che il mio orientamento fa pena...almeno avrò quell'unica foto
di Sarajevo baciata dal sole
Risaliamo
in macchina e andiamo a naso, ci troviamo vicino alla chiesa
cattolica di Sveti Anto (Sant'Antonio), che non può non essere
notata visto il suo colore rosso. Chiediamo informazioni a un papà
che sta portando “in spagoletta” la sua bimba. All'inizio dice
che non sa come aiutarci, poi vede la targa italiana e ci fa cenno di
fermarci. Posa la sua bimba e consulta la cartina...ci indica dove
andare, siamo vicini alla Pensione. È vicinissima al ponte Latino,
solo 5 minuti a piedi, ci si lascia alle spalle il ponte Latino e a
destra il Padiglione musicale, si sale per un vicoletto con delle
case sgarrupate e sulla destra quasi nascosto ecco la nostra Pansion
Kandilj.
Mentre tiro giù i bagagli dalla macchina vedo due bambini
che giocano nel vicolo, hanno un mitra finto in mano. Avranno 7/8
anni. Sorrido di un sorriso triste (e li fotografo ovviamente!)
pensando a tutti i bambini come loro per i quali la guerra 20 anni
prima non è stata un gioco. La pensione è piccina, pulita e
arredata in stile tipico bosniaco, le camere sono piccole, ma
accoglienti. Gli altri vogliono riposarsi un attimo, io e Ste invece
scendiamo subito in strada, andiamo a piedi sul Ponte Latino.
La
scritta che ricordava l'attentato all'Arciduca definendo Gavrilo
Princip “Eroe” è stata tolta in quanto Princip era serbo. Chissà
se un giorno la rimetteranno. Ora è stato ridefinito “Terrorista”.
Attraversato il ponte, all'altro lato della strada c'è un
allestimento che mostra come avvenne l'attentato ricostruendolo con
un filmato. Ci inoltriamo nella Bascarsija, il quartiere turco, il
cuore di Sarajevo, la parte della città più cara ai sarajeviti.
Descriverlo è riduttivo perchè le parole non possono rendergli
giustizia. Posso dirvi che le strade sono lastricate, che c'è un
bazar, tanti negozietti caratteristici ...ma quale centro storico non
li ha? Potrei dirvi che in negozi hanno le saracinesche in legno che
quando si chiudono diventano panchine, cosa che non ho mai visto in
nessun altro posto. Ma non basterebbe ovviamente a farvene
innamorare. Perchè per capire la Bacarsija, per comprendere come mai
ti fa innamorare di Sarajevo devi ascoltarla, vederla e soprattutto
annusarla. Non riesco a raccontarvela...Sarajevo è una canzone che
esce da un negozietto di cianfrusaglie dove una ragazza con un
vestito di ciniglia beige maculato di nero suona al pianoforte,
lasciando la porta aperta per fare uscire le sue note dolci e
lasciando entrare l'aria profumata dell'estate. Sarajevo è un piatto
di cevapcici servito con la pita, il cui profumo (ebbene sì, per me
è un profumo!!) ti si infila nelle narici e ti fa venire l'acquolina
anche se hai appena mangiato. Sarajevo è il disordine delle stradine
piene di negozi che vendono cianfrusaglie, ma anche gioielli in
filigrana d'oro e manufatti in rame. Sarajevo è il profumo del caffè
che esce da una Kafana. Sarajevo è i mille colori del bazar
all'angolo tra Ferhadija e Gazi Husrevbegova, o dei tappeti colorati
impilati nel cortile del Morica Han. Sarajevo è anche profumo di
legna bagnata e di bosco. Tutto intorno alla città ci sono le
colline e Sarajevo è scavata tra le montagne, si allunga con la
Miljacka. Come canta Giovanni Lindo Ferretti è un catino.
Torniamo
indietro alla pensione e con gli altri rifacciamo lo stesso percorso
fatto prima...mostro loro anche le targhe, lungo i palazzi che
costeggiano il fiume, di alcune persone uccise dai cecchini nel 1992
e 1993. Un ragazzo aveva la mia età. Ripercorro con loro per la
seconda volta la via principale della Bascarsija.
Ormai è buio e ha
cominciato a piovere
Decidiamo
di cenare al ristorante Inat Kuca, la “Casa della ripicca”, che
un tempo si trovava nella sponda del fiume dove ora si trova la
Biblioteca Nazionale, ma verso la fine del XIX° secolo proprio per
costruire la Biblioteca Nazionale, la Vijecnica, fu fatta demolire.
Il proprietario per ripicca si fece dare un risarcimento in monete
d'oro e ricostruì la sua casa tale e quale sul lato opposto del
fiume: da qui il nome singolare. Corriamo sotto la pioggia, fa
freddo, ci saranno si e no 18°C che non è esattamente la
temperatura che ci aspettavamo. Entriamo nel ristorante e ci sembra
subito bellissimo per la calda atmosfera (in tutti i sensi!!) e per
l'arredamento tipico.
È davvero un gioiellino, ogni particolare è
curato. Ci sediamo al nostro tavolo, su panche ricoperti da cuscini
colorati fatti a mano, nel tipico stile ottomano. Prendiamo un piatto
tipico, la Begova čorba e poi alla fine un dolce buonissimo di cui
non ricordo il nome, ma non era la Baklava. Per finire un bel caffè
bosniaco, che altro non è che il caffè turco (sorrido pensando che
per i greci è il caffè greco e per i bosniaci è il caffè
bosniaco...ma in fondo altro non è che il caffè turco). E'
particolare perché viene servito in una piccola brocca d’ottone o
rame con il manico allungato. Poi viene versato in una tazzina senza
manico. Di solito si aggiungono due zollette di zucchero oppure vanno
intinte nel caffè e gustate a piccoli morsi. Come in molte altre
culture, è più un rito che una bevanda.
Dopo cena diluvia, ma ciò
non ci impedisce di ammirare la Biblioteca Nazionale illuminata
La Biblioteca Nazionale |
,
bellissima nonostante i ponteggi, e di farci ancora un giro nella
Baščaršija alla ricerca di un locale in stile “Mille e una
notte” dove fumarci un narghilè e bere una birra.
Sarajevo by night - uno dei tanti locali del centro |
DOVE DORMIRE: Guest House Kandilj, http://www.kandilj.com/ E' una caratteristica pensione arredata in stile bosniaco, comodissima per visitare la città perchè a 5 minuti dal Ponte Latino a 10 minuti dalla Baščaršija.La colazione viene servita nel seminterrato, è discreta, nulla di eccezionale, ma lo yogurt è buonissimo. Il personale è giovane e cordiale.
DOVE MANGIARE: Ristorante Inat Kuca http://www.inatkuca.ba/bs/ locale arredato in modo tipico, si mangia bene, anche se di sicuro non è il ristorante più buono provato a Sarajevo, si trova sulla sponda opposta del fiume rispetto alla Biblioteca Nazionale, offre i piatti più famosi della cucina tipica Bosniaca, ottimi dolci e il caffè turco preparato e servito ad arte.
DOVE MANGIARE: Ristorante Inat Kuca http://www.inatkuca.ba/bs/ locale arredato in modo tipico, si mangia bene, anche se di sicuro non è il ristorante più buono provato a Sarajevo, si trova sulla sponda opposta del fiume rispetto alla Biblioteca Nazionale, offre i piatti più famosi della cucina tipica Bosniaca, ottimi dolci e il caffè turco preparato e servito ad arte.
Ahhhhhh ... erano giorni che speravo di poter passare e finalmente eccomi qui! Tra le tue parole mi sento a casa ...
RispondiEliminasei sempre la benvenuta :-)))
Elimina